Dopo il primo Congresso Sionista del 1897 a Basilea, nel quale l’idea di costituire uno Stato ebraico in Palestina fu per la prima volta discussa, i rabbini di Vienna inviarono due loro rappresentanti a studiare se il paese avesse le caratteristiche per questa impresa.
Il risultato del loro sopralluogo fu comunicato a Vienna con questo telegramma: «La sposa è bella, ma è sposata a un altro uomo». Con disappunto avevano scoperto che la Palestina non era «una terra senza popolo per un popolo senza terra».
L’obiettivo del sionismo, questa è la tesi del saggio, di costituire e difendere uno Stato per un altro popolo in una terra già abitata, è un dilemma irresolubile che ha portato a sessant’anni di guerra e alla destabilizzazione dell’intero Medio Oriente. Dopo la morte della soluzione «due popoli-due Stati», frutto degli accordi di Oslo, l’unica soluzione da esaminare e approfondire è quella di uno Stato unico, laico e democratico, nel territorio della Palestina storica, che assicuri a tutti i cittadini, arabi, ebrei e di altre culture e religioni, uguali diritti di cittadinanza.
Su questo si sta concentrando il dibattito di chi negli ultimi anni ha a cuore la risoluzione di quel decennale conflitto.
Ghada Karmi riesce a coniugare il rigore della storica con una singolare chiarezza espositiva, senza alcuna concessione al già detto. Alcuni capitoli, molte delle sue considerazioni e dei suoi interrogativi presentano punti di vista originali assai persuasivi, caratteristiche che si legano anche all’aver lei vissuto in prima persona le conseguenze del dilemma israeliano in Palestina.
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