a cura di Pierpaolo Cesaroni e Sandro Chignola
La filosofia «politica» è da sempre sospesa in un limbo fra il campo della filosofia e quello della scienza politica: qual è il suo statuto? Quale il suo canone? Come si differenzia da una storia delle politiche o da una teoria politica? Esiste una specificità italiana nel praticarla?
Per dare risposta a tali questioni, è necessario operare un radicale spostamento di prospettiva: passare dalla «filosofia politica» a una «politica della filosofia». Perché la filosofia, checché se ne dica, è anzitutto una pratica: una pratica del sapere che produce significati, discorsi, forme di verità e falsità, istituzioni e da qui effetti sull’ambito sociale e della vita politica.
Per questo occorre anzitutto interrogare l’istituzione all’interno della quale avviene l’insegnamento di questa disciplina e che è la sede di validazione dei saperi filosofici: l’Università. Si scopre allora che l’Università non è affatto un luogo neutro di trasmissione del sapere filosofico, né è sempre stata la sede nella quale veniva praticata la filosofia. Si tratta tutto sommato di un’invenzione recente, la quale ha effetti di potere sui filosofi stessi e sulla pratica del pensiero. Effetti non positivi quando l’Università diventa un’istituzione del neoliberismo. Per questo alla filosofia oggi spetta il compito di fare politica.
Recensioni
Roberto Tronk –
Sul «manifesto» la recensione di Michele Spanò a “Politiche della filosofia”, curato da Sandro Chignola e Pierpaolo Cesaroni
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Roberto Tronk –
La recensione di Michele Spanò a “Politiche della filosofia” in versione ampliata su Euronomade
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