La droga è tornata come grande questione sociale. Attraversa ceti e classi, integrati ed esclusi. Alla ricerca performante della cocaina, illusoria degli psicofarmaci, lenitiva dell’eroina, straniante del crack, consolatoria della bottiglia triste e solitaria. In fabbriche, scuole, famiglie, carceri, ponti, strade. Li unisce l’esplosione delle solitudini nelle lande desolate della postmodernità. In un mondo dominato da Big Data e Big Pharma tra spaesamento, paura, angoscia, rabbia, rancore. E social autistici. L’orlo del bosco è la soglia tra luce e oscurità: questo è il senso del viaggio dell’autore nella sofferenza delle dipendenze, della follia, delle solitudini. Lì dove praticare una cura non significa imporre modelli normativi né discipline. Il libro è denso di storie di vita vissuta ai margini, di ricordi personali, di riferimenti teorici. Le tonalità narrative si rincorrono in un continuo passaggio pirotecnico tra il graffiante, il provocatorio e il tocco lieve di una carezza, come le pratiche di cura di Cecco Bellosi.
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