Chi guarda non sa vedere: questo è il presupposto che attraversa la storia della filosofia e dell’emancipazione, dalla caverna platonica alla debordiana società dello spettacolo. Per guarire lo spettatore da tale infermità, filosofi e rivoluzionari – e da alcuni decenni anche gli artisti – si troveranno accomunati nell’intento di strapparlo dalle illusioni percettive e conoscitive che ne farebbero un subalterno. Il libro di Jacques Rancière – tradotto in decine di lingue e tra quelli di maggior successo di questo importante filosofo francese – propone un integrale rovesciamento: l’emancipazione della quale la figura dello spettatore è portatrice passa per lo sguardo e la passività, per un diverso uso delle capacità di percepire che sono di ciascuno e la possibilità di tradurre in pensiero o in azione anche ciò che si guarda senza conoscere. Da questa prospettiva, quella di una comune incapacità e di una comune ignoranza, si tratta di definire proprio altre capacità e altri saperi, passando da un mondo sensibile dato a un altro mondo sensibile. Nella produzione di questo dissenso, che manderà in frantumi un mondo comune creandone un altro, il ruolo che vi è svolto dall’arte è quanto questo libro si propone di indagare. La nuova edizione di un classico di estetica di uno dei massimi filosofi contemporanei. Un testo di riferimento per la critica d’arte e per l’analisi dei rapporti tra arte e politica.
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