L’affermazione dei vignaioli artigiani sta profondamente trasformando il mondo del vino. Ma il progressivo risveglio della coscienza ecologica dei produttori lascia ancora intorpidita la coscienza linguistica degli appassionati. Questo libro prova a ripensare la lingua del vino, nella convinzione che le priorità della controversa transizione ecologica contribuiscano a ridisegnare integralmente il paesaggio del gusto.
Se il ridimensionamento della chimica in vigna e in cantina continua ad avere ripercussioni importanti sul tatto, i profumi e i sapori del vino, non si capisce perché le sue parole chiave siano invece rimaste appannaggio del gergo dei sommelier, così clinico e autoreferenziale. Ecco perciò una diversa prospettiva critica, che lascia sullo sfondo le velleità di un approccio analitico impregnato di narcisismo. E prova a riorganizzare l’interpretazione del vino non più in ossequio alla sua presunta performatività e al suo glamour, come fosse un’automobile o un capo di alta moda. Bensì a partire da quei tratti di spontanea vitalità espressiva che ne alimentano il carattere territoriale, artigiano e che definiscono una nuova sensibilità del gusto.
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