La «condizione postumana» – che Rosi Braidotti ha cominciato a descrivere con un fortunato volume tradotto presso le nostre edizioni nel 2014 – è caratterizzata dalla concomitanza di Quarta rivoluzione industriale e Sesta estinzione di massa. Cosa che ci colloca a metà tra l’entusiasmo per gli sviluppi tecnoscientifici e la paura indotta da cambiamento climatico e crisi ambientale.
Rifacendosi a teorie e pratiche femministe, antirazziste e postcoloniali, Braidotti sostiene che quella di «umano» non è mai stata una categoria neutrale, bensì uno statuto a cui si accede solo per potere e privilegio.
In questo secondo volume della trilogia Il postumano (in corso di pubblicazione presso le nostre edizioni) la filosofa analizza in profondità l’impatto che la presente condizione ha sulla costituzione di soggettività, la produzione di saperi e la pratica accademica delle scienze umane.
I saperi postumani non sono solo una forma alternativa di conoscenza, sono una speranza politica, sono studi critici e creativi che invitano all’attivismo. L’invito è ad attivarsi per superare l’antropocentrismo e la violenza che porta con sé, quando le onde della storia globale sono sul punto di cancellare dal pianeta molte altre specie.
Recensioni
Giulia Dettori –
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