a cura di Girolamo De Michele
Gilles Deleuze moriva il 4 novembre 1995. In quegli stessi giorni, durante uno degli scioperi più lunghi che la Francia ricordi, sui muri di una università occupata compariva la scritta: «Deleuze è morto, tutto è possibile».
Un ventennio è trascorso, durante il quale l’opera di questo straordinario filosofo si è andata affermando tra specialisti e lettori. Tra questi studiosi c’è Michael Hardt, il quale, prima di diventare il coautore di rinomanza internazionale di Impero (insieme a Toni Negri), ha pubblicato la prima monografia di lingua inglese dedicata a Gilles Deleuze. Per una generazione di militanti, ricercatori e filosofi cresciuta a cavallo tra i due secoli, Deleuze sarebbe diventato l’autore che più ha contribuito all’uscita dalla dialettica e dai vicoli ciechi della teoria e della prassi novecentesca. Michael Hardt è uno di loro: attraverso Deleuze e il lento, illuminante apprendistato nella sua filosofia, ne ha ricavato le premesse per un pensiero politico e filosofico attuale e potente. Un pensiero della gioia che oggi ci aiuta a costruire il presente e a pensare il futuro, nel quale tutto è ancora possibile.
Recensioni
Roberto Tronk –
Su «alfabeta2» uno speciale su Gilles Deleuze, in cui si menziona anche il saggio di Michael Hardt, “Deleuze. Un apprendistato della filosofia” – 25 giugno 2016
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Roberto Tronk –
Sul «manifesto» un’intervista di Roberto Ciccarelli a Michael Hardt, a proposito del suo Deleuze – 8 luglio 2016
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Roberto Tronk –
Sul «manifesto» una recensione di Giso Amendola al libro “Deleuze. Un apprendistato in filosofia”, di Michael Hardt – 8 luglio 2016
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