L’estendersi dei processi di cattura della vita e di messa a valore della cooperazione sociale – si tratti della privatizzazione del codice genetico delle piante, dell’indefinita dilatazione della giornata lavorativa, dell’appropriazione dei commons – producono un sistema di relazioni che unifica il mondo sotto il comando del capitale. Rispetto a esso, non è dato pensare un «fuori». Nemmeno per un lavoro intellettuale – o per una filosofia – che pensi di poterlo guardare o criticare dall’esterno. Occorre perciò problematizzare lo statuto del pensiero, dare di esso una definizione situata, caricarsi della sua responsabilità. I testi che compongono il volume sono stati scritti muovendo da queste esigenze e lavorano attorno alle trasformazioni più rilevanti che hanno investito e che investono i saperi del diritto, dell’economia, della politica nel farsi mondo del capitale, tenendo la scia dei pensatori (Foucault, Deleuze, Benjamin) che per primi hanno intuito che cosa questo processo significasse anche sul piano della produzione della soggettività e degli oneri imposti all’etica (e alla politica) del lavoro intellettuale.
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