Da circa vent’anni, tra Italia e Francia, dei vignaioli dissidenti nei confronti dell’agricoltura chimica e industriale propongono modelli agricoli alternativi, configurando una rivoluzione, anche del gusto, chiamata «naturale». Una contadinità di nuovo tipo, spesso militante e molto variegata, fondata su un altro sguardo nei confronti della natura, della vigna e delle tecniche di vinificazione. Una strada verso un’altra agricoltura che si è fatta largo attraverso saperi e conoscenze diverse, tra pratiche tradizionali e biodinamica, tra competenze botaniche e microbiologiche, fino ad assumere la forma odierna di un esteso movimento con svariate centinaia di protagonisti e un pubblico di migliaia di seguaci ed estimatori.
Il risultato sono vini singolari e coraggiosi, rottura dei canoni estetici tradizionali, racconti e storie di vite trasformate, di paesaggi innovati e inventati. Storie di livieti e di liane, di solchi inerbati e fermentazioni che durano settimane. Storie di interazioni tra vegetali e animali, anche umani. Storie di amici, con assaggiatori curiosi e giovani, e di tanti nemici, la vinificazione industriale e le guide. Storie di un mondo che solo alcuni anni fa sembrava marginale e che oggi conosce fiere specializzate, enoteche, migliaia di amatori che mai tornerebbero a bere il cosiddetto «vino convenzionale».
Il libro di Christelle Pianault, antropologa francese, non è la semplice ricognizione di questo movimento con i suoi protagonisti, è un racconto etnografico su come nascano i mondi. Scaturito da una tesi di ricerca in antropologia presso l’Ecole d’Hautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, Cornoletame e microscopio è il primo libro capace di vedere nella «rivoluzione dei vini naturali» l’alba di un nuovo mondo che interroga la tecnica, il sapere, l’estetica e il resto del mondo vivente.
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