Philippe Bourgois, antropologo e ricercatore americano, a metà degli anni Novanta decise di vestire i panni dello spacciatore e di scendere nelle strade dei ghetti ispano-portoghesi di New York. Qui si impegnò nello studio, sul campo, delle relazioni sociali implicite nella cultura di strada; dei fenomeni di formazione delle bande giovanili e delle loro gerarchie; dell’emergere di nuove figure identitarie e sistemi di valori; della formazione di un’economia parallela, illegale ma sotto gli occhi di tutto. L’analisi è condotta sul filo di un racconto i cui protagonisti sono spacciatori, prostitute, homeless.
Sono loro a prendere la parola e a muovere le fila della ricerca antropologica. Lo sguardo esterno del sociologo si fonde con quello dell’argomento di cui parla. Si entra così in un mondo che, diversamente da quanto immaginato, non è la giungla o l’anarchia assoluta ma è governato da regole, codici e comportamenti ammessi.
Il lettore non potrà, suo malgrado, non identificarsi in un modello sociale che fonda la propria ragione d’essere nello spaccio di droga. Il dispositivo narrativo messo in campo dall’autore è, infatti, fondato su un principio di totale identificazione con i soggetti sociali descritti. L’imperativo auto-imposto di «diventare uno di loro» consente all’autore di produrre uno straordinario esempio di letteratura sociale.
Recensioni
Roberto Tronk –
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