Dalle macerie di un paese sfinito come il nostro riaffiorano dal silenzio vicende che hanno dell’inverosimile. Leggende post-moderne che si barcamenano tra una tradizione svilita e una linearità logica ormai svuotata di senso.
In questo caso la vicenda di un pastore che da anni viene scelto per fare il Cristo alla Processione del Venerdì Santo, e a nulla valgono le sue richieste di non volerlo fare, di essere lasciato in pace. Il meccanismo della tradizione è ormai così ben collaudato che ogni anno lui si vede costretto a tentare la fuga sulle sue amate montagne. La fuga innesca una caccia che diventa a sua volta parte di una tradizione accanita e sempre più folle, come in un circolo vizioso che somiglia a un cappio e di cui nessuno ormai è vero gestore e padrone.
Caccia al Cristo è il racconto in prima persona dell’ultima fuga, dell’adesione quasi panteista a una natura sontuosa, di leggende antiche e recenti, dell’incredibile amicizia con un cane, delle avversità e delle intemperie. Ma è anche una riflessione in cammino sull’insensatezza degli avvenimenti del mondo e su uno strano tipo di «sapienza».
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