Non c’è, purtroppo, momento più attuale e rilevante per parlare di bioetica di quello presente. Abbiamo attraversato un periodo difficile e triste, dovuto all’emergenza sanitaria provocata dal diffondersi dell’epidemia del Coronavirus. Siamo stati tutti in pericolo. Molta gente, purtroppo, è morta. In questa contingenza drammatica, qualcosa di inaspettato e inedito ha rotto la nostra quotidianità: una malattia contagiosa. Come rispondere a questa epidemia quando si tratta della vita e della morte delle persone è una tipica questione bioetica. Ma quali sono gli strumenti della bioetica? Bastano la morale e il diritto per configurare l’etica della vita? Qual è il rapporto con la giustizia e in cosa consiste una filosofia morale applicata? Quali strumenti fornisce la bioetica alla costruzione della comunità? Anche parlando di bioetica finiamo per imbatterci nella figura del cittadino, del soggetto che si impegna nella comunità e coltiva la solidarietà e la cura dell’altro. Ma oggi questa figura sembra essere sostituita da un’altra, quella del consumatore, fruitore di merci, di immagini, di spettacoli. La pratica morale, allora, non è più sostenuta che da poche evidenze sempre più confuse, sostituite dal luccichio dei tanti schermi che circondano oggi la nostra giornata e dai quali una pandemia non è bastata a distrarci.
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