Questo libro racconta un fatto misconosciuto della storiografia sul fascismo-antifascismo nel nostro Paese. E dimostra come una battaglia persa per la mancata unità delle forze democratiche abbia deciso le sorti della libertà di un intero popolo.
Fu proprio così, infatti, per la «battaglia di Novara» del luglio 1922 che può considerarsi come una premarcia su Roma.
In quell’anno, contro gli assalti fascisti rimaneva ancora forte la resistenza nel triangolo Torino-Milano- Genova che costituiva la base su cui poggiava tutto il piano dell’unità d’Italia democratica e antifascista. La città di Novara ne costituiva geograficamente l’avamposto strategico. Nell’estate del 1922 quasi tutta l’Italia rurale era ormai nelle mani delle bande fasciste. Altra e diversa era la partita sul fronte industriale delle città. E tutto si giocò nella città di Novara nell’estate ’22.
Nella ricostruzione di questo fatto, Bermani utilizza testimonianze orali, intrecciandole alla copiosa documentazione scritta fornita dalle cronache dei giornali dell’epoca. Oltre a dimostrare che la ragione della sconfitta della «battaglia di Novara» fu nella mancata unità delle forze comuniste, socialiste e dei partiti democratici, l’autore porta alla luce, documentandoli scrupolosamente, alcuni gravi comportamenti rinunciatari dei dirigenti riformisti e democratici. Come il caso di Filippo Turati, accusato di predicare ai contadini pugliesi insorti contro il fascismo di essere «santi» e «porgere l’altra guancia»; o di Giacomo Matteotti accusato di propagandare la parola d’ordine del «coraggio della viltà».
Per queste e altre simili questioni «spinose» La battaglia di Novara non mancherà di suscitare accese discussioni tra gli storici, impegnati sia sul fronte delle difesa che quello della «revisione» dell’«impianto» storiografico antifascista.
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